Archi al centro di Roma per celebrare gli imperatori romani

Passeggiando per Roma, è inevitabile ritrovarsi vicino all’anfiteatro Flavio, meglio conosciuto come Colosseo, meta classica per le coppie che vogliono fare una passeggiata romantica per la città. Non molti forse, presi dalla mole del famoso monumento, fanno caso all’arco trionfale presente al lato. Si tratta dell’arco di Costantino, che non è però l’unico arco presente in città, anzi ve ne erano altri quasi del tutto spariti attualmente,ma alcuni di questi sono veramente impressionanti, come l’arco di Tito e l’arco di Settimio Severo.

L’arco di Tito si trova sulle pendici settentrionali del Palatino commemorava i due imperatori, padre e figlio, celebrando il trionfo di Vespasiano e Tito sui Giudei del 71 d.C. Sull’attico dell’arco vi è l’iscrizione originale che ci permette di identificare perfettamente il monumento e di datarlo. Infatti il testo ci dice come il Senato dedica l’arco al divo Tito, figlio del divo Vespasiano.

Il fatto che qui Tito è indicato come divo, suggerisce che al momento dell’iscrizione l’imperatore era già deceduto, e che quindi il monumento fu realizzato dopo l’81 d.C. L’arco è ad un solo fornice, con un piccolo fregio sovrastante, che doveva girare per tutti i lati e rappresenta il trionfo di Vespasiano e Tito; ma più importanti sono i pannelli a rilievi all’interno del fornice. Quello a sud mostra il corteo trionfale in cui vengono trasportati degli oggetti, tra cui delle trombe d’argento e un candelabro a sette braccia (depredati entrambi dal tempio di Gerusalemme), mentre sul lato nord Tito è raffigurato sulla quadriga nel momento in cui viene incoronato dalla dea Vittoria, mentre la dea Roma tiene per il morso i cavalli. Al centro della volta invece, Tito è rappresentato nel momento dell’apoteosi(momento in cui gli imperatori romani venivano divinizzati ascendendo al cielo) a cavalcioni di un’aquila che lo trasporta verso il cielo.

Proseguendo la nostra carrellata di archi in ordine cronologico, troviamo l’arco di Settimio Severo. Ci troviamo all’interno del Foro romano, tra la Curia e i Rostra. L’arco, dalla grandezza impressionante, è stato dedicato dal Senato all’imperatore Settimio Severo e al figlio, Caracalla, come ci indica l’iscrizione incisa sull’attico. Quest’ultima però ha subito una rilavorazione, in quanto inizialmente nella dedica compariva anche il nome di Geta, figlio di Settimio Severo e fratello di Caracalla, il quale fu ucciso dopo la morte del padre proprio dal fratello Caracalla, subendo la cosiddetta damnatio memoriae, ovvero l’eliminazione di ogni ritratto e nome da qualsiasi monumento.

L’arco, che fu realizzato nel 203 d.C., è a tre fornici e presenta una ricchissima decorazione; i pannelli posti al di sopra dei fornici minori mostrano le due campagne contro i Parti e la loro lettura si svolge dal basso verso l’alto. In aggiunta è opportuno immaginare l’arco con fattezze ancor più monumentali, dato che è rappresentato in una moneta del 204 d.C. sormontato da una quadriga di bronzo con gli imperatori.

L’ultimo dei tre archi posti sul percorso trionfale culminante sul Campidoglio, è quello di Costantino il Grande. La sua collocazione non è casuale. L’arco fu inserito come entrata monumentale per la celebrazione dei trionfi. Questa cerimonia è una delle più antiche della storia dell’impero romano, e consisteva nell’acclamazione dell’esercito con il generale portato in pompa magna, che precedeva la lunga schiera di prigionieri preferibilmente preceduti dal loro re.
L’arco a tre fornici è il più mastodontico di Roma, tanto da render difficoltosa la visione delle immagini poste sull’attico. Risultato di una riutilizzazione di pezzi di epoche diverse, il monumento celebra la pietas e la invincibilità di Costantino, il quale aveva appena sconfitto il rivale Massenzio (312 d.C.), tiranno di Roma.

Imperdibile è il ritratto dell’imperatore cristiano in atto di cacciare il cinghiale, vero e proprio capolavoro sia della rilavorazione romana, sia della rappresentazione dell’imperatore.
Lo sguardo è volto verso il basso, scavato da due occhiaie profonde che attribuiscono all’imperatore una severità e potenza palpabile.
Le luci, da una parte quelle del Colosseo e dall’altra dell’arco stesso, rendono la visione notturna di quest’ultimo uno spettacolo degno della città eterna.