Sant’Ivo alla Sapienza: un capolavoro di pieni e vuoti

A due passi da Piazza Navona, si nasconde all’interno di un cortile uno dei gioielli dell’architettura Barocca romana, realizzato da una delle due figure di spicco di cui abbiamo già avuto modo di parlare: Francesco Borromini e stiamo parlando di forse quella che è considerata il suo capolavoro, la chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza.

La storia di questa chiesa è legata alla storia dell’università e ad un progetto già iniziato.

In effetti Borromini riceve l’incarico nel 1632 quando diventa l’architetto dell’università della Sapienza. Deve cominciare ad occuparsi della chiesa che doveva sorgervi all’interno e si trova davanti ad una situazione non semplice. Il committente della Chiesa altro non è che Papa Urbano VIII della Famiglia Barberini.

Il complesso di Sant’Ivo alla Sapienza infatti aveva cominciato ad essere non solo progettato, ma anche parzialmente realizzato da Giacomo della Porta.

Questo ha in realtà reso ancora più una sfida l’operato di Borromini, che ha affrontato il sito con la sua solita genialità. Lo spazio che si trovava a dover affrontare infatti era abbastanza limitato per ospitare la chiesa, ma come si sa: quando si ha a che fare con progettisti di tale talento, il vincolo diventa una opportunità.

Lo studio della pianta parte da forme volutamente simboliche: Borromini infatti struttura lo spazio di Sant’Ivo alla Sapienza partendo da due triangoli equilateri (forte richiamo alla Trinità) sovrapposti e invertiti. Questo forme geometriche semplici sono poi intersecate da una serie di circonferenze che danno movimento alla massa muraria.

Quella che si ottiene in questo modo infatti è una quinta muraria scultorea, che spinge verso l’interno dall’aula o crea delle nicchie, dando vita ad una alternanza di pieni e di vuoti che vengono poi ripresi anche nell’imposta della cupole che però culmina in un cerchio perfetto e una lanterna a spirale che lascia senza fiato.

Nella pianta di Sant’Ivo alla Sapienza è anche possibile leggere la stilizzazione dell’ape, simbolo della famiglia Barberini, di cui appunto Urbano VIII era un’esponente.

Il gioco delle linee curve concave e convesse poi ritorna anche nella facciata prospiciente il cortiletto.

Una visita quindi a questa chiesetta è assolutamente d’obbligo! Si trova non troppo lontano da Piazza Navona,  dove appunto c’è un episodio importante della rivalità tra Bernini e Borromini di cui abbiamo già avuto modo di parlare.

Fatevi rapire da questi spazi, sicuramente uno dei punti più alti della Roma Barocca.